A ridosso della mezzanotte di venerdì scorso si è chiusa la Notte Nazionale del Liceo Classico, edizione 2023/2024, al Socrate, con i versi greci del nostro poeta più lunare, il Leopardi dell’ode II Εἰς Σελήνην (Alla Luna), drammatizzata per l’occasione da studentesse e studenti.
Il bilancio, come si è soliti dire in questi casi, non poteva essere più positivo data la ricchezza delle iniziative in programma e l’alta partecipazione di visitatori di tutte le età. Ma, siccome vorremmo, nel tirare le somme, uscire dai binari consueti, proveremo a metterci nei panni di chi è entrato nel nostro liceo venerdì sera e a guardare dal suo punto di vista quanto vi accadeva.
La sensazione più immediata pensiamo possa essere stata quella di una corrente di energia vitale che attraversava aule e corridoi, con ragazze e ragazzi vestiti in costume che incrociavano coetanei in felpa o maglietta targate Socrate, porte che si aprivano lasciando intravedere scorci di aule allestite per l’occasione. Ogni ambiente si è trasformato in un affaccio su mondi diversi, improbabili, lontani nel tempo, vicinissimi e persino futuribili: la cultura classica, i suoi protagonisti, i suoi testi per qualche ora si sono rivolti a un pubblico diverso da quello che frequenta le lezioni del mattino e hanno testimoniato che i classici parlano sempre al presente, anche e soprattutto – come dice Ivano Dionigi – quando è il presente che non ci basta.
Le grandi trasformazioni in atto nella società ci incalzano e richiedono risposte meditate per attrezzarci di fronte a un futuro carico di complessità e incognite, e la scuola è chiamata a far sue queste sfide, senza però dimenticare che nella scuola si forma un pezzo importante dell’identità personale, sociale e civile di ciascuno di noi, e che questo processo non può essere demandato a un sapere de-umanizzato. Ecco, venerdì sera al Socrate come in tanti altri licei d’Italia, chi la scuola la vive e la fa tutti i giorni ha dimostrato che non esiste formazione senza dialogo e che la parola che si rinnova continua a essere lo strumento più alto e potente che abbiamo per immaginare futuri.
La parola letteraria, certo, quella che può toccare tutte le corde dei sentimenti: dalla parola disperata di Euridice di fronte al furor di Orfeo alle parole della satira, della parodia e della commedia. Ma la parola è anche dialogo, che mette a confronto posizioni diverse nel rispetto reciproco, fino a cedere il passo ai toni accesi e meno convenzionali del Free Style, una vera e propria battaglia rap a colpi di rime improvvisate, in cui rivive il cantarsela per le rime dei poeti medievali.
Chi è venuto al Socrate l’altra sera crediamo abbia sperimentato che la scuola può essere anche un vitale opificio di talenti, un ludus, come dicevano i latini: un ‘gioco’, certo, ma molto serio, dove si dovrebbero allenare e tener in esercizio le intelligenze.
Chi c’è stato speriamo abbia toccato con mano che la creatività, per ottenere dei risultati, non può far a meno dell’impegno e di uno sforzo comune; che per animare un’opera d’arte non basta l’estro e l’estemporaneità del momento, ma ci vogliono cura e tanto rigore; e che dietro lo strumento tecnologico più avanzato deve restare operante e ben visibile la consapevolezza critica dell’essere umano.